Consulta l'archivio biografico
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Nato a Palermo nel 1800 e ivi morto nel 1854.
Principe di Palagonia e di Lercara Friddi, sua madre, Provvidenza Gravina e Gaetani (1774-1805), aveva sposato lo zio, Salvatore Gravina e Cottone (1742-1826), per garantire ai Gravina la continuità del titolo di principe, poichè figlia unica di Ferdinando Francesco II: una norma testamentaria di Ignazio Sebastiano Gravina aveva creato questo meccanismo in previsione.
Fu l'ultimogenito della coppia, dopo due gemelli nati morti e quattro sorelle nate tra il 1792 ed il 1797: Agata, Francesca Paola, Giulia e Gioacchina.
La prima sposerà Vincenzo Grifeo principe di Partanna, le altre entreranno in convento.
La sua famiglia, proveniente dalla Puglia e presente in Sicilia dal 1300, coltivava una devozione per il santo di Paola: infatti il suo nome fu esattamente Francesco di Paola Ferdinando Gravina.
Palazzo Comitini in via Maqueda, sede in passato della Prefettura di Palermo ed ora della Provincia regionale di Palermo, apparteneva ai Gravina.
Il padre di Francesco nei fatti non godeva del titolo di principe, ma nel loro palazzo residenziale la servitù e gli altri si rivolgevano a lui come tale.
Durante l'epoca napoleonica i Gravina ospitarono molti inglesi, tra cui l'ammiraglio Nelson.
Allora la corte borbonica si era trasferita a Palermo, a Napoli c'era Giuseppe Bonaparte, e per i Gravina fu un periodo di particolare fulgore.
L'educazione di Francesco Paolo fu improntata agli insegnamenti della Chiesa; nel 1819 sposò la coetanea Maria Nicoletta Filangeri, figlia del principe di Cutò la quale però ben presto lo tradì con Francesco Paolo Notarbartolo, figlio del principe di Sciara.
La cosa provocò un grande scandalo in Comune e, raggiunto il limite di sopportazione data la situazione, nel 1829 Gravina ordinò all'usciere di casa di non fare più entrare in casa la Filangeri.
Non si sarebbero più rivisti, lei sposerà religiosamente il Notarbartolo dopo la morte di Gravina.
Dopo la rottura coniugale, il principe ebbe difficoltà ad affrontare la nuova condizione e si ritirò a meditare, aveva di fronte due strade: divorziare e rifarsi una famiglia per garantire il meccanismo di successione (dalla moglie non aveva avuto figli), oppure rimanere coerente al suo sentire religioso ed aprirsi a prospettive diverse.
Prevalse il secondo pensiero: Gravina non divorzò mai, conformemente agli insegnamenti del Vangelo.
Per questo ebbe l'appellativo di ultimo principe; iniziò il suo apostolato di carità e beneficenza a Palermo e, a poco a poco, tutti i suoi immobili divennero centri di accoglienza per poveri, emarginati e diseredati.
In breve tempo noto il suo attivismo cristiano - sociale divenne molto noto.
Tra il 1832 e il 1834 fu sindaco di Palermo (allora chiamato pretore); tra il 1836 e 37 esplose una epidemia di colera ed egli se ne occupò pienamente, anche tramite l'importante creazione del Deposito di Mendicità ente per il ricovero degli indigenti.
Nel 1839 divenne responsabile del Reale Albergo dei Poveri, ente pubblico di assistenza. Nel suo palazzo, destinato pure a struttura di accoglienza, egli alloggiava in una stanza vicino al suo segretario e la sua giornata trascorreva sovrintendendo ai ricoveri.
Nel 1837 richiese ed ottenne per il Deposito di Mendicità il distaccamento di un gruppo di suore e nel 1847 vi fu la concessione ecclesiastica per il nuovo ordine delle "Suore di Carita" del principe di Palagonia (lui le aveva chiamate di S. Vincenzo de'Paoli).
Sinora, egli è l'unico laico ad avere istituito un ordine religioso, rimase irrealizzato il suo desiderio di un analogo ordine maschile. Il principe operò moltissimo anche a Lercara Freddi dando sostegno alla popolazione bisognosa, in particolar modo durante l'epidemia di colera.
A Lercara egli possedeva una miniera di zolfo, terreni, edifici e, immedesimandosi nella pesante condizione ambientale e di salute a cui la popolazione era sottoposta a causa della lavorazione dello zolfo, realizzò molti interventi migliorativi e di bonifica.
Destinò degli edifici a teatro, l'attuale sala "Principe di Palagonia" e a sede del Comune.
Dopo la sua morte furono acquisiti dal Comune di Lercara.
Era solito recarsi a Lercara con peridiocità ma, dopo l'episodio dell'otto maggio 1849 in cui fu assalito dalla folla, non vi mise più piede, pur continuando ad occuparsi delle opere.
Le sue opere di carità avevano come centro Palermo, la rivoluzione antiborbonica del 1848 lo vide schierato, all'interno del Parlamento siciliano (era membro della Camera dei pari), in favore dell'indipendenza dell'isola.
I Borboni ritorneranno nel 1849, ma lui, a differenza di molti altri opportunisti, rimase coerente e ciò gli alienò le simpatie della corona.
Gravina morì a 54 anni e volle che la sua salma fosse vestita di un saio e trasportata col capo appoggiato ad una tegola, come S. Francesco.
Il suo funerale fu seguito da una folla enorme, la salma fu deposta nella chiesa di Baida, fuori Palermo; nel 1958 venne traslata nella casa madre delle Suore di Carità.