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Santa Rosalia, vergine Palermitana

festino Santa Rosalia

La statua marmorea di Santa Rosalia, sul monte Pellegrino, opera dello scultore Gregorio Tedeschi, offre una piacevole sensazione di sospensione tra cielo e terra. Entrando nell’anfratto, tra le stalattiti e il puntuale e leggero rumore dell'acqua, nell'oscurità della grotta, la Santuzza sembra essere una rappresentazione dello spirito fatta di marmo, rivestita di luce, accarezzata dal vento. Lei è l'imago della pietas popolare, è la vetta più alta della sacralità di un popolo, che da quattro secoli vive questa vicinanza con il trascendente grazie a questa figura così tanto amata. L'atteggiamento di quest'opera è di chi ha lo sguardo proteso verso il cielo ma con la mano vicino l'orecchio come se volesse, nonostante l'essere ormai in una dimensione “altra”, ascoltare in perpetuo i suoi concittadini.

La primissima indicazione della memoria liturgica della Santa, al 4 settembre, si trova in un quinterno proveniente da un breviario, in uso nel XIV secolo, oggi nella biblioteca comunale di Palermo. Al giorno 4 settembre si legge: Natalis Marcelli Martiris e, subito dopo, Sancte Rosalee, virginis, civis Panormitane.

Il Gesuita Ottavio Gaetani, nell’opera De vitae sanctorum siculorum, ne delinea una breve biografia:

I dati biografici, antecedenti al ritrovamento del corpo sul Monte Pellegrino, anche se non dettagliati, delineano il profilo una donna che ha scelto la vita ascetica e contemplativa, probabilmente facendo voto secondo il monachesimo italogreco dell'epoca. La cultura bizantina dell’Isola, ai tempi di Rosalia, era ben diversa; la religiosità greca era sopravvissuta nonostante la ribalta di quella latina dopo la conquista Normanna. Prova ne è che le chiese volute dai re nordici sono di stampo prettamente greco-bizantino.

Ebbe certamente imposto il nome nordico: Roslinde (Rosa Chiara, Rosa Casta)latinizzato in Rosa-Lia, rosa-lilium (rosa e giglio).

Da sempre, la chiesa Palermitana ha celebrato come festivo il 4 settembre, quale giorno del dies natalis, cioè della morte e, da parte sua, il popolo palermitano ha usato sempre la consuetudine di salire, molti a piedi scalzi e con cero votivo in mano, la notte del 4 settembre sul Monte Pellegrino, per celebrarvi l'indomani la festa liturgica della Santa.

La sacra grotta del monte, già luogo dedicato al culto della concezione della vergine Maria, divenne il luogo simbolo della devozione rosaliana. Infatti, 10 anni dopo la morte della Santa, nel 1180 fu costruita un'edicola votiva vicino all'ingresso della spelonca e, alcuni anni dopo, alcuni giurati della Città fecero erigere una piccola chiesa definendola di “Santa Rosalia.” Nei secoli successivi si registrano non poche testimonianze di culto presso la grotta, una particolare del 1474 dove santa Rosalia venne invocata per una peste più antica di quella famosa del XVII sec.

Il corpo della Romita venne rinvenuto dentro la grotta, il 15 luglio del 1624, mentre la città di Palermo era in preda alla peste. Il 9 giugno 1625 venne fatta la processione e «si rinchiudesse il Sacro Corpo di S. Rosalia co' dicevoli ornamenti e come volesse così il Senato dimostrare maggiorme(n)te l'affetto, e riverenza» e, da quel giorno, la città di Palermo venne dichiarata libera da ogni male

Il corpo di santa Rosalia è custodito presso la Cattedrale di Palermo, dentro la preziosa Urna argentea realizzata nel 1631.

Il festino

Era il 15 luglio 1624 quando il marinaio Vito Amodeo, guidato da Geronima La Gattuta, trovò nel luogo indicato dentro la grotta di un cranio e poi l’intero corpo di Santa Rosalia. Insieme ai resti mortali furono rinvenute due croci, una ciotola e un conta-preghiere. La città, intanto, dal 7 maggio precedente, era stata assediata dalla peste, arrivata da Tunisi in un vascello. Lo scenario della città, capoluogo del regno di Sicilia, era apocalittico. Il viceré di Sicilia, “colpevole” di quell’attracco, morì colpito dal contagio. Mentre i palermitani cercavano un segno, dalle rivelazioni celesti arrivò la speranza: Rosalia si desta dal sonno lungo più di quattro secoli, invocata e svegliata dalle preghiere e invocazioni di un’intera città. Il ritrovamento del suo corpo riaccese l’identità comunitaria, Palermo ebbe finalmente un nome dove tutti poterono riconoscersi. Il Senato della città, il 27 luglio 1624, decise subito di eleggerla Patrona di Palermo ancor prima della processione con le reliquie, che avvenne il 9 giugno dell’anno successivo. “Portate il corpo in processione e la città avrà la Grazia”, questo disse la Santa e questo avvenne.

Il Senato cittadino, per tale circostanza, fece realizzare una sontuosa urna argentea, custodita ancora oggi in cattedrale, per riporre e custodire le sacre reliquie. Il festino di santa Rosalia è l’ex voto popolare per eccellenza, è il confluire di tante anime attratte dal fascino di questa donna che, come dice Agostino è “Bellezza tanto antica e tanto nuova”.

Il carro, le luminarie, il caldo, i sapori, le voci, le reliquie, l’incenso, il popolo: la festa di santa Rosalia è un insieme di elementi che rendono unica la città di Palermo che, ogni anno, aspetta questa data per ripartire da essa. Nel ‘600, il barocco fu terreno fertile per la riproposizione di valori ideali e anche municipali: il festino celebrò il trionfo della Santa, ma allo stesso tempo la magnificenza del Senato; l’intera città divenne palcoscenico, mobilitando committenze della più alta aristocrazia, del clero, delle aggregazioni religiose, quali le confraternite e mise a lavoro tutte le maestranze locali e non solo, compresi i fuochi d'artificio, le gare cavalleresche e spettacoli d’ogni genere. La devozione dei Palermitani per la sua Santa Patrona divenne legata, tradizionalmente e storicamente, alla liberazione della città dalla pestilenza, sotto il dominio dell’Impero spagnolo. Un evento tra realtà storica ed eventi sovrannaturali non basta a spiegare come, nel tempo, questa devozione e quest’amore siano diventati di più rispetto ad un sentimento così profondo, una sorta di confidenza intima: Rosalia è Palermo e Palermo è Rosalia. Non è un caso, infatti, che per indicare la Patrona e la sua festa, i palermitani ricorrano a vezzeggiativi affettuosi come Santuzza e Festino. La Santa concittadina è crepidoma del sentire comune, è il fondamento di un sentimento popolare così radicato che non è più possibile scindere la città da lei. La Festa in suo onore, dal 10 al 15 luglio di ogni anno, è uno dei momenti più spettacolari e celebri d’Europa, raccontata anche da scrittori e viaggiatori illustri.

Il Festino si snoda a partire dal 10 luglio, con la tradizionale offerta della cera da parte del Sindaco e di tutto il popolo. Nei giorni successivi, la città si trasforma in un vero e proprio teatro a cielo aperto, costellato da attori, danzatori, musicisti che, tra i vicoli e davanti edicole votive, intonano i tradizionali Triunfi.

La sera del 14 luglio, invece, l’intero asse principale di Palermo diventa il palcoscenico più grande del mondo e un kilometro di luminarie segna il tragitto del carro trionfale: pittori, scultori, architetti, attori, attrici, trapezisti, danzatori, musicisti, insomma, una vera e propria kermesse d’arte.

La prima tappa è il Palazzo Reale - residenza della Santa prima della vita eremitica - dove si ricorda l’arrivo della peste. La seconda tappa è la Cattedrale Arabo-Normanna, luogo dove sono custoditi i resti della Santuzza; qui, ogni anno, viene rievocato il miracolo. Cuore del corteo e della città è, invece, la terza tappa, Piazza Villena, o comunemente detta “i quattro canti”; qui, il primo cittadino offre a nome di tutti un mazzo di rose e, al grido, “viva Palermo e Santa Rosalia” una pioggia di petali scende dal cielo. L’ultima tappa, infine, Porta Felice, luogo della liberazione dal male e dei tradizionali fuochi d’artificio.

L’indomani, il 15 luglio, cuore della festa, la tradizionale e religiosa processione con le reliquie custodite entro la prestigiosa urna argentea lungo le vie del centro storico, con sosta ai quattro canti e a piazza marina per il discorso alla città dell'Arcivescovo.

Il Festino è orgoglio e appartenenza, è atto condiviso da tutti per ricordare che, alla fine, il bene ha sempre l'ultima parola. L'amministrazione comunale ha scelto il tema della Speranza per questo 400° Festino, dove è possibile trarne diverse riflessioni, a partire proprio dal senso comunitario, dal cantare contro la peste, a sognare una città diversa e, perché no, sperare che tutto questo possa avvenire concretamente a partire dall’impegno di ognuno. Rosalia che libera dalla peste è, in ogni tempo, la guarigione dalla malattia, dall’individualismo soffocante, è la salvezza nutrita dalla fiducia e dalla speranza. Il Festino, ogni anno, lo ricorda, soprattutto nella prospettiva dello stare insieme e sentirsi un’unica comunità variopinta da diverse culture e, di conseguenza, sintesi della vita mediterranea. La Santuzza è l’immagine dell’accoglienza e della speranza, china verso i suoi devoti, attenta ai bisogni, così come è stata raffigurata in scultura in occasione di questo quarto centenario. Le sue scelte ci narrano amore non odio, cura non disprezzo, vita non morte, compassione non indifferenza, rispetto non prevaricazione, condivisione non predazione, liberazione non oppressione, custodia non distruzione, luce non tenebra. Così, i palermitani, e tutti i devoti della Santuzza, si affideremo a lei e la invocheranno in quanto madre, sorella, figlia e amica, prima ancora che Santa. Istintivamente e inconsapevolmente la priveranno del suo alone mitico e la riconosceranno come una persona pronta ad aiutarli, perché è la presenza capace di intervenire laddove le circostanze neutralizzano la forza e di conseguenza ogni possibilità di riscatto. Trasformeranno così la storia in vita, l’invisibile in visibile, l’astratto in concreto, il risultato della tramutazione avrà le sue fattezze, quella di una donna coraggiosa, che ogni anno viene accompagnata in processione lungo le strade di Palermo; come se i suoi concittadini, volessero mostrarle, metro per metro, ciò che non va, nella speranza che Rosalia interceda e sopraggiunga per fronteggiare combattere e al fine sconfiggere le pesti del presente.

Filippo Sapienza

363° Festino di Santa Rosalia